LE OTARIE DI CAPE CROSS
Nella baia di Cape Cross si trova una delle più grandi colonie al mondo di otaria orsina sudafricana.
Migliaia di individui si concentrano ogni anno lungo la costa per riprodursi e cibarsi nel tratto di oceano antistante. Un incredibile spettacolo a cui assistere, ma che ancora oggi è sede di uno dei più grandi fenomeni di commercio internazionale di mammiferi africani.
Quando gli interessi economici incontrano la natura.
Fotografare la fauna mi ha sempre regalato grandi emozioni. Attendere la magia di quell’istante in cui, grazie ad un corretto approccio, hai la conferma di non essere un disturbo e ti viene dato accesso all’intimità della vita.
Uno dei momento più emozionanti che ho vissuto è stato sicuramente il periodo trascorso ad osservare e fotografare una gigantesca colonia di grandi mammiferi. Restare appostato per ore sino a diventare “invisibile” e poter assistere così ai comportamenti ed alle interazioni tra gli individui, osservare l’incessante ricerca dei genitori usciti in mare da parte dei piccoli rimasti a terra o godere dell’intimità e delle premurose attenzioni delle madri verso i propri cuccioli.
Nella baia di Cape Cross, lungo la Skeleton Coast in Namibia, si trova una delle più grandi colonie al mondo di Otaria orsina del Capo (Arctocephalus pusillus), specie politipica con forma nominale A. p. pusillus nota come Otaria orsina sudafricana presente lungo le coste meridionali dell’Africa. Unica altra sottospecie esistente è A. p. doriferus, Otaria orsina australiana, che popola le coste sudorientali dell’Australia.
Ogni anno migliaia di individui, sino a 210.000 tra novembre e dicembre, si concentrano lungo la costa per riprodursi e cibarsi nel tratto di oceano antistante, che grazie alla corrente del Benguela risulta essere estremamente ricco di nutrienti e quindi prede, prevalentemente piccoli pesci e molluschi.
Nel 1968 quest’area viene dichiarata zona protetta sotto il nome di “Cape Cross Seal Reserve”. Nonostante ciò ogni anno, da luglio a novembre, sotto la supervisione del Ministero della pesca e delle risorse marine, viene effettuato l’abbattimento di migliaia di individui al fine di preservare gli stock ittici e a fini commerciali. La quota annuale di abbattimenti previsti è di 80.000 cuccioli e 6000 maschi adulti. L’impatto economico che le otarie causerebbero alla pesca è ad oggi molto discusso, con dati controversi e discordanti, raccolti sia dal governo che da organizzazioni non governative per la protezione della fauna.
Dal 2010 l’Unione Europea bandisce l’importo di prodotti derivati dalla foca, mentre Namibia, Canada e Groenlandia, restano gli ultimi paesi in cui ancora si cacciano commercialmente questi animali. I maggiori importatori di prodotti derivanti dagli abbattimenti sono la Cina, per quanto riguarda olio e genitali utilizzati nella medicina tradizione, e la Turchia, per il fiorente mercato di pellicce.
Stando ai numeri, dal 2005 al 2015 la Namibia ha esportato quasi 400.000 pelli di otaria, questo fenomeno rappresenta oggi uno dei più grandi traffici di mammiferi provenienti dall’Africa.
Siamo a marzo, le femmine hanno partorito da pochi mesi, i piccoli nati possiedono ancora il loro manto nero vellutato e, approfittando delle lunghe pause al sole, allattano senza sosta. E’ di vitale importanza sfruttare tutto il tempo a disposizione in cui le madri restano al loro fianco prima di allontanarsi in mare per più giorni in cerca di cibo. In questo lungo periodo di assenza i cuccioli resteranno soli all’interno della colonia, spostandosi e chiamando instancabilmente la madre nella speranza di ricevere risposta e poter riposare nuovamente al proprio fianco. Nel frattempo dovranno badare a loro stessi stando attenti a non allontanarsi troppo e finire preda di qualche sciacallo o rischiare di essere aggrediti da un maschio in amore che difende il proprio territorio o, ancora, da un femmina che non gradisce troppo la vicinanza di cuccioli altrui.
La presenza massiva di otarie in questa zona attira altrettanti predatori che giungono dal mare, come orche, squali bianchi e mako, e da terra, come sciacalli dalla gualdrappa e iene brune. I primi predano gli individui che si allontanano in mare in cerca di cibo, i secondi invece si muovono ai margini della colonia alla ricerca di giovani rimasti isolati. Al minimo segnale di pericolo centinaia di otarie si muovono simultaneamente e freneticamente verso il mare nel tentativo di mettersi in salvo. I cuccioli pur essendo soli seguono il gruppo cercando di tenere il passo.
Un costante rumore di fondo, generato dal sovrapporsi dei versi di migliaia di individui, è accompagnato dal forte ed acre odore caratteristico di una colonia di tale portata. Il suolo è quasi interamente ricoperto di pelo che, sotto l’azione del vento e del calpestio, viene raccolto e compresso in agglomerati sferici molto simili alle egagropile, costituite invece da fibre di piante marine e rinvenibili di frequente sui litorali sabbiosi.
Le interazioni degli adulti sulla terraferma, soprattutto in zone intensamente popolate come questa, si riducono spesso a brevi scontri rituali per la difesa della postazione conquistata, e nel caso dei maschi in periodo riproduttivo nel mantenimento del territorio all’interno della quale esso si potrà accoppiare con più femmine. L’harem di un maschio può comprendere anche 50 femmine.
Gli spostamenti a terra risultano pesanti e spesso goffi, non lasciando trapelare le reali capacità di movimento anche a velocità sostenute, tali da consentire a questi animali di fuggire rapidamente verso il mare o di inseguire un predatore che minaccia il proprio cucciolo. In acqua invece il peso e la goffaggine svaniscono in un attimo trasformando questi impacciati ed ingombranti pinnipedi in agili e sfreccianti acrobati del mare. Con immersioni che possono durare anche 7,5 minuti riescono a raggiungere profondità di 200 m in cerca di prede. In prossimità della costa invece li si vede galleggiare in superficie con le pinne sollevate in aria o cavalcare le onde effettuando porpoising, lunghi e bassi salti fuori dall’acqua.
Mai avrei immaginato quanto emozionante sarebbe stato poter assistere ad alcuni di questi momenti ed osservare la vita all’interno di una colonia. Un’esperienza vissuta in poco tempo, ma in grado di lasciare un segno indelebile. E’ stata una grande occasione per comprendere alcune delle dinamiche che regolano le complesse interazioni alla base dell’organizzazione sociale di questi animali. Una specie tanto gregaria sulla terraferma quanto solitaria in mare, dal temperamento mite e timoroso nei confronti dell’uomo, ma al tempo stesso deciso ed irruente verso le altre otarie.
La presenza della zona protetta, l’attenzione da parte delle organizzazioni per la protezione della fauna e il turismo naturalistico si spera possano salvaguardare questa colonia dalle minacce della sovrapesca, della perdita di habitat e del commercio di pelli e derivati. Pur essendo una specie ad oggi non minacciata di estinzione, ma avendo già perso molte delle colonie riproduttive, potrebbe nel prossimo futuro subire anch’essa il peso delle nostre azioni che, sempre in misura maggiore, giocano un ruolo cruciale sulla vita nel pianeta.